venerdì 30 ottobre 2015

Prisoners (2013)


★★★½


In una piccola e fredda cittadina americana la famiglia Dover, composta dal padre Keller (Hugh Jackman), la moglie Grace, e i figli Ralph e Anna, si recano dalla famiglia Birch per festeggiare insieme il Giorno del Ringraziamento tra buon cibo e giochi in un clima di assoluta serenità. Dopo pranzo però un temporale si abbatte sulle due famiglie: Anna Dover e Joy Birch scompaiono. Le ricerche si focalizzano immediatamente su un camper situato nelle vicinanze il quale aveva attirato precedentemente l'attenzione delle due bambine. Il detective Loki (Jake Gyllenhaal) localizza il mezzo e arresta il sospettato: un giovane ritardato mentale di nome Alex Jones (Paul Dano) che vive con l'anziana zia Holly. Dalle numerose ore di interrogatorio non si riesce a cavargli nulla, sembra totalmente estraneo al rapimento, e dopo due giorni viene rilasciato. Keller, scosso dalla notizia, lo aggredisce fuori dalla stazione di polizia ed è lì che Alex gli sussurra una frase che lo spingerà a cercare sua figlia usando tutti i mezzi (illeciti) a sua disposizione.

In Prisoners vi sono tre modi di reagire alla sparizione di due bambine: restarsene sul letto a piangere imbottendosi di calmanti a dormire tutto il giorno sperando che la polizia la ritrovi (Grace, la madre di Anna); interrogare i sospettati e andare alla ricerca di indizi come si confà al proprio duro mestiere (il detective Loki); oppure reagire in preda a un fuoco indomabile come fa Keller: rapire il sospettato numero uno rilasciato in mancanza di prove, rinchiuderlo nella vecchia casa del padre, e torturarlo per far sì che dica dove sono nascoste le bambine. In tutti e tre i casi questi personaggi sono dei prigionieri: del dolore; del buio in cui si brancola alla ricerca di un indizio che illumini il caso; della volontà instancabile che porta a infrangere le leggi, divenendo torturatori e carcerieri, al fine di riportare a casa la figlia scomparsa. Voi come avreste reagito?

Sono film come questo, come Mystic River e Lady Vendetta che mettono a nudo l'ipocrisia del "ci penserà la giustizia". Sì, ma quale? La polizia non può muoversi contro un Alex Jones che, aggredito da Keller nel parcheggio della stazione, gli sussurra "Non hanno pianto finché non le ho lasciate"Mentre Keller (uno straordinario Hugh Jakcman) ha più libertà d'azione e ciò che deciderà di compiere avrà delle serissime ripercussioni anche sulle indagini compiute dal detective Loki (incredibile quanto Jake Gyllenhaal sia cresciuto recitativamente parlando), non proprio l'emblema della sicurezza e dell'infallibilità. 

Il film di Denis Villeneuve non è affatto un inno alla giustizia privata, ma un sottile sirventese i cui versi fanno "Compi giustizia da te, e le colpe ricadranno, come massi staccatisi da una montagna, su di te e su chi ti circonda". Tuttavia credo che, in fondo, tutti noi saremmo stati come quei genitori che nel film di Park Chan-wook accoltellano a turno il professore/assassino facendosi infine giustizia. 

Non è solo il paesaggio innevato di una cittadina americana, con i boschi denudati, le abitazioni con porte cigolanti e recinzioni scavalcabili da chiunque, fotografato perfettamente da Roger Deakins a creare un'atmosfera da brividi, ma è il rigoroso impianto registico di Denis Villeneuve che fa di Prisoners un noir solido e glaciale dove le motivazioni dei personaggi fanno sì che si raggiunga neanche troppo dietro l'angolo il genere horror: la cui materia prima è l'essere umano e le motivazioni, a seguito di un doloroso avvenimento, che lo spingono ad agire.  E a volte, l'unica e ultima cosa che può salvarci, è il flebile suono di un fischietto. 

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