giovedì 18 giugno 2015

22/11/'63 di Stephen King


Prima avevo delle certezze. Sapevo che una serie tv sui supereroi non avrebbe mai toccato le profonde corde della mia anima figuriamoci sfondarmi le cornee, poi è arrivata quella meraviglia di Daredevil con un Vincent D'Onofrio superlativo; sapevo che un film di genere action non mi avrebbe  mai tenuto con le chiappe incollate sulla poltrona del cinema senza sbadigliare ogni tre per due poi invece è arrivato George Miller con il suo Mad Max: Fury Road già nella lista dei tre migliori film dell'anno; e poi ero certo che qualsiasi libro di Stephen King l'avrei gettato dalla finestra dopo poche pagine con il nervoso per gli ennesimi soldi buttati, poi invece è arrivato 22/11'/63 a scardinare tale certezza e l'ha fatto conducendomi indietro nel tempo a visitare gli anni '60, quelli di Kennedy, J. Edgar Hoover, del fumo perpetuo, di Little Richard che si sgolava cantando Lucille, e de La donna che visse due volte e Psyco di Alfred Hitchcock

Jake Epping è un infelice professore d'inglese nella cittadina di Lisbon Falls (Maine), appena stato lasciato dalla moglie ex alcolista, che ha un problema: non riesce a piangere. Se non è grave non scomporsi per la morte dei suoceri lo è se non si versa una sola lacrima al funerale dei propri genitori. Forse è per questo che è stato lasciato. Fatto sta che per arrotondare comincia a fare lezioni seriali ed è proprio qui che incontra Harry Dunning, un bidello affetto da zoppia, che riversa in un tema assegnatogli l'episodio tragico di cui è stata vittima la sua famiglia nella notte di Halloween del 1958. Un giorno Al Templeton, gestore di un bar, affetto da un cancro ai polmoni, rivela a Jake un segreto incredibile: proprio nel retro del locale, dove c'è la dispensa, è presente un varco che se attraversato ti catapulta direttamente alle 11.58 del 9 settembre 1958. E Al, dopo aver convinto Jake a provare le sue parole onde evitare che lo prenda per matto, gli affida una missione importantissima: fermare Lee Harvey Oswald prima che conficchi una pallottola nella testa del presidente J. F. Kennedy. Jake, dapprima riluttante, accetta e viaggia nel passato per cambiare il futuro. Ma presto Jake capirà che il passato è inflessibile e non vuole essere cambiato.  

22/11'/63 è un viaggio nel tempo. Il romanzo di Stephen King, intendendolo proprio come un oggetto, è la "buca del coniglio" - definizione data da Al al varco spazio-temporale - nella quale finirete appena varcata la soglia della prima pagina. Per circa quindici giorni, come per incanto, mi sono ritrovato negli anni '59-'63 dove colonne di fumo azzurrognole lambivano i soffitti dei locali pubblici, dove si ballava il lindy-hop e il rock cominciava, timido, a sentirsi nei garage delle abitazioni le cui porte non venivano mai chiuse del tutto perché la fiducia nel prossimo non era ancora diventata uno spettro come negli anni duemila. 

Sono sicuro che merito dell'apprezzamento del libro da parte mia sia da imputare alla traduzione sopraffina di Wu Ming 1 lontana anni luce da quella dell'orrendo Revival, tanto per fare un esempio. 22/11'/63 è un romanzo sulle scelte, sul passato inflessibile, sul cosiddetto effetto farfalla, con rimandi al suo tanto acclamato It che faranno andare i fan in brode di giuggiole e personaggi - miracolo - ben caratterizzati e non più macchiette informe d'inchiostro, dove il tema fantascientifico del varco spaziotemporale e delle stringe lascia presto il posto a quella che è una delle storie d'amore più tenere e tenaci che abbia mai letto. Jacke e Sadie che ballano perché la danza è vita, che si vedono di nascosto in un motel fuori dagli occhi e le bocche pettegole a mangiare "una torta paradiso" (modo in cui chiamano il sesso), un uomo del futuro che nel passato trova l'amore, una casa in cui vivere e una donna per cui piangere calde lacrime. 

Siete veramente convinti che con Kennedy rieletto nel '64 l'America avrebbe evitato il bagno di sangue chiamato Vietnam? Non ci crederete, ma King risponde anche  a questo in pagine mosse dalla corrente dell'horror. E' come se tutti gli altri libri - belli o brutti fate voi, non ne voglio leggere altri - avessero limato il suo strumento di scrittura affinché potesse mettere su carta un libro così appassionante, malinconico e ipnotico che avrebbe fatto cambiare idea a chiunque lo considerasse alla stregua di una J. K. Rowling qualsiasi. Mi arrischio a dire che forse 22/11/'63 è l'unico libro di King che persino un accanito detrattore come il Sommo Harold Bloom leggerebbe senza infilzarlo con i suoi occhi di ghiaccio.  

2 commenti:

  1. E' piaciuto tantissimo anche a me, soprattutto perché la storia americana di quel periodo mi ha sempre interessata e affascinata. E da fan, sì, non ti nascondo di avere pianto davanti al ballo nei Barren di Richie e Beverly, due dei personaggi che più ho amato in It.

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  2. Nonostante invece io sia uno che ama King (come si fa a odiare uno che ha scritto "La Torre Nera"?) questo ancora mi manca, ma sembra uno di quei pochi libri ad aver messe d'accordo il mondo intero :/ Lo leggerò!

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